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Quando l’assenza di un proprio dipendente è causata da un evento provocato da terzi, ad esempio a seguito di un sinistro stradale, anche il datore di lavoro subisce un danno di tipo economico. Il responsabile civile è quindi tenuto a risarcire anche quest’ultimo per la mancata utilizzazione delle prestazioni lavorative del proprio dipendente. Vediamo assieme come: io sono Salvatore Anfuso, e di mestiere faccio il patrocinatore stragiudiziale.

 

 

Come ottenere la rivalsa del datore di lavoro a seguito di un sinistro stradale

Che anche i datori di lavoro vadano risarciti in caso di infortunio a seguito di un sinistro stradale subito da un proprio dipendente a stabilirlo è una sentenza del 12 novembre 1988, la numero 6132, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Il danno subito dal datore di lavoro può essere calcolato sulla base dell’ammontare della retribuzione e dei contributi previdenziali obbligatoriamente versati da quest’ultimo per il periodo di assenza del proprio dipendente infortunato. Anche dopo l’intervento delle assicurazioni sociali (INPS o INAIL) infatti, circa il 60% della retribuzione corrisposta – e delle relative imposte quali i ratei delle ferie, feste, tredicesima, TFR, ecc. – rimane a carico del datore di lavoro. 

 

E se il datore di lavoro deve assumere temporaneamente qualcuno che sostituisca il dipendente infortunato?

Poiché durante l’infortunio del proprio dipendente può sorgere per il datore di lavoro la necessità di assumere un sostituto temporaneo che si carichi sulle spalle le funzioni svolte prima da quest’ultimo, circostanza che in una situazione di normalità non si sarebbe mai verificata, anche questa spesa deve venire riparata. Tale costo deve essere rifuso da chi il danno lo ha cagionato o dalla sua Compagnia assicuratrice. Non tutti però sono a conoscenza delle procedure da mettere in moto per ottenere questo ristoro. Da una recente indagine eseguita su un campione rappresentativo di imprese risulta infatti, che circa l’80% dei datori di lavoro non esercitano l’azione di rivalsa in caso di assenza ingiusta di un proprio dipendente per fatti imputabili a terzi.

 

50 milioni di euro non riscossi ogni anno

Questa ingiustificata mancanza, imputabile a nostro avviso a un gap di informazione circa le normali procedure per richiedere tale risarcimento – non prendiamo nemmeno in considerazione l’idea che non si voglia esercitare la rivalsa di propria iniziativa – si concretizza in un costo annuo per le aziende italiane quantificabile in circa 50 milioni di euro. Una cifra a nostro avviso sostanziosa che le Compagnie assicuratrici risparmiano ogni anno. DIELLE Infortunistica, con la professionalità e l’esperienza acquisita nel corso degli anni, è in grado di imbastire le relative pratiche utili a ottenere il risarcimento da rivalsa del datore di lavoro, così da far ottenere alle aziende il ristoro dei compensi erogati ai propri dipendenti durante il periodo di assenza.

 

Ulteriori vantaggi

A questo DIELLE Infortunistica aggiunge un’offerta rivolta a tutte le aziende:

  • la possibilità di convenzioni per la gestione dei sinistri occorsi ai propri dipendenti e ai dirigenti
  • la possibilità di gestire tutti i sinistri occorsi ai veicoli della propria flotta aziendale, sia attivi che passivi

DIELLE Infortunistica lotta da anni al fianco dei danneggiati per far loro ottenere il rispetto dei propri diritti e quindi un equo risarcimento dei danni, compresi i datori di lavoro.

Sebbene nessuno vorrebbe mai trovarsi nella situazione di dover compilare un CID, in caso di incidente è meglio sapere cosa fare e come è opportuno comportarsi. Tra le cose principali da sapere di sicuro rientra la corretta compilazione del CID, o come lo chiamano gli addetti ai lavori, del modulo CAI: Constatazione Amichevole di Incidente. Scopriamolo assieme: io sono Salvatore Anfuso, e di mestiere faccio il patrocinatore stragiudiziale.

 

Compilare correttamente il modulo CAI

Negli attimi concitati che seguono un evento nefasto e drammatico quale un sinistro stradale, è normale che non si abbiano le idee chiare su come compilare il CID. La paura di sbagliare, di non scrivere tutto, di inserire informazioni che possono compromettere la propria posizione o di dimenticare qualcosa, sono normali in chi gli incidenti li vede solo in televisione, in seconda serata, nei film d’azione.

Iniziamo col dire che quando si parla di modulo blu, di CID o di CAI, ci si sta riferendo alla stessa cosa: il modello che viene consegnato al contraente di una polizza RC auto al momento della stipula, per appuntare i dati dei veicoli e delle persone coinvolte in un eventuale sinistro stradale. Di solito lo si infila nel cassettino della plancia e ce lo si dimentica, magari con la speranza di non doverlo usare mai. Ma se stai leggendo questo articolo, o sei una persona curiosa oppure ti è appena capitato un incidente stradale e stai cercando sul web istruzioni su come compilare correttamente il CID. Se il tuo caso rientra nella seconda casistica continua la lettura.

 

Perché compilare il CID?

Il motivo per cui è sempre conveniente compilare il modulo CAI  è che il CID serve a denunciare il sinistro, soprattutto in caso di monofirma, e ottenere così più in fretta il risarcimento dovuto. Infatti se compilato correttamente e in modo completo, il CID può contribuire a ridurre i tempi di attesa dell’offerta da parte della Compagnia Assicuratrice soccombente. 

Per quanto si possa essere di corsa, compilare per bene il modulo CAI è nell’interesse di tutti. Rimandare a un secondo momento la constatazione amichevole, al contrario, può far sorgere più problemi di quanti se ne possano immaginare. Il giorno dopo, infatti, diventano tutti esperti d’infortunistica stradale e prontissimi a non riconosce – o non ricordare più – come i fatti si siano svolti davvero.

 

Cosa serve per compilare il modulo CID?

Per compilare correttamente il modulo CID, sono necessari:

  • il modulo CID
  • i Libretti delle rispettive automobili
  • le Patenti di entrambi i conducenti
  • i Certificati delle due assicurazioni
  • una penna e un po’ di Pazienza

 

Cosa succede se la controparte non vuole firmare il CID?

Nessuna paura: compila e firma il tuo lato del modulo, e poi portalo da noi. Ricordati di appuntare perlomeno la targa del veicolo della controparte e la sua Compagnia Assicuratrice. In alternativa potresti scattare una foto dei veicoli coinvolti, ricordandoti di riprendere le targhe, il luogo in cui è avvenuto l’incidente e i danni subiti dai mezzi. Noi raccoglieremo tutte le informazioni necessarie a formulare una corretta richiesta di risarcimento danni e la invieremo alla Compagnia assicuratrice più opportuna.

Nota: In caso di una sola firma non si è più in presenza di una constatazione amichevole, ma di una denuncia di sinistro. Averla fatta andrà comunque nell’interesse del danneggiato. Se l’altro non solo non vuole firmare, ma addirittura ha fretta di andarsene o scappa via: non bisogna perdere la calma. Chiama le autorità e aspetta sul posto il loro arrivo. Ricorda che è sempre meglio avere più prove e testimoni possibili dell’accaduto.

 

Come è strutturato il modulo CAI?

Il modulo CAI si compone di quattro pagine disposte su due fogli. La prima pagina, a sinistra, serve per la raccolta dei dati essenziali. La seconda, a destra, serve a raccogliere ulteriori informazioni. Entrambe si articolano su due colonne distinte per colore. In mezzo c’è una parte bianca riservata alle circostanze dell’incidente, compresa un’area dedicata alla ricostruzione grafica della dinamica. Esistono anche una terza e una quarta pagina. La terza è un modulo prestampato, in genere adoperato per denunciare i danni del sinistro. Lo si deve scaricare dal web e compilarlo, ma rivolgendoti a noi potrai farne a meno. La quarta pagina, infine, è quella delle istruzioni.

 

Come si compila il CID?

Nell’intestazione del primo foglio, dal punto 1 al punto 5, devono essere inseriti i dati riguardanti il sinistro: data, ora e luogo. Se ci sono dei feriti, anche lievi, è bene indicarlo. Se durante l’urto sono stati danneggiati oggetti diversi dai due veicoli, anche personali, come un computer, il cellulare, gli occhiali da vista, è bene indicarlo. Se ci sono testimoni che hanno assistito all’urto, compresi i trasportati, bisogna inserire i loro nomi e contatti nell’apposito rigo. È molto importante indicarli subito.

Nelle due colonne speculari, blu e gialla, si devono inserire i dati dei due veicoli, i contraenti delle rispettive polizze, le rispettive compagnie assicurative e i conducenti. Il contraente della polizza e chi guidava il veicolo al momento dell’urto potrebbero non essere la stessa persona. Il contraente, ad esempio, potrebbe essere il papà, ma l’automobile la guidava il figlio. Per cui è bene indicarlo. Inserire con cura e in modo completo i dati di carattere anagrafico, è importante per ridurre i tempi di apertura della pratica. 

Nota: Se sono coinvolti più veicoli, ad esempio in caso di un tamponamento multiplo, si possono usare più moduli CID, o in alternativa, appuntare le targhe e i nominativi dei rispettivi ulteriori veicoli nella seconda pagina dello stesso modulo.

I punti dal 10 al 13 sono destinati a indicare i danni riportati dai veicoli e la dinamica dell’incidente. In basso, su ogni lato, sono presenti tre figure prestampate: motoveicolo, automobile e furgone. Anteponendo una crocetta sull’immagine giusta si deve indicare il punto iniziale dell’urto. Ad esempio, se un furgone tampona una Fiat Panda ferma al semaforo rosso, il primo metterà una crocetta sul muso della figura del furgone e il secondo sul posteriore della figura dell’automobile. Ciascuno nella rispettiva colonna. La sezione grafica, al punto 13, può spaventare. Infatti viene richiesto di disegnare a mano la dinamica del sinistro. Nessuna paura: non è necessario realizzare un’opera d’arte.

La sezione 12 – circostanze dell’incidente – è la più importante, e non va assolutamente trascurata. L’ammissione di colpa accanto agli spazi riservati alle firme, ad esempio, è molto meno importante. Se per un eccesso di zelo qualcuno si assume una colpa che non trova poi riscontro nella dinamica dell’incidente, questa ammissione non viene presa in considerazione. Il CID, infatti, non costituisce di per sé un’ammissione di responsabilità. Quello che rende efficace in sede di risarcimento il modulo in questione, invece, è proprio la ricostruzione della dinamica. Nella sezione 12, quindi, è opportuno inserire le crocette nel posto giusto.

 

Esempio

Se il furgone A tampona il veicolo B mentre questo è fermo al semaforo rosso, allora il conducente B dovrà inserire una crocetta al punto 1 e il conducente A al punto 8, ognuno nella rispettiva colonna. Se si riscontrano più circostanze corrispondenti alla dinamica dell’incidente, possono venire barrate più caselle. Il numero totale dovrà essere indicato alla fine, nell’apposito spazio.

 

Compilare il modulo CAI, come si è visto, non è quello scoglio insormontabile che tutti pensano. Bastano pochi minuti di pazienza e un po’ di attenzione. Ad inviare la lettera di apertura del sinistro, organizzare la perizia e a negoziare il risarcimento ci pensiamo poi noi di DIELLE Infortunistica. I nostri recapiti li trovi qui.

Hai affidato a un legale la tua pratica di risarcimento danni per l’incidente automobilistico in cui sei stato coinvolto, lui ti ha assicurato che a pagare il suo onorario sarà l’assicurazione e adesso vorresti sapere se puoi stare davvero tranquillo o se alla fine ti presenterà la parcella? Il credito assicurativo può essere ceduto all’avvocato? E quale differenza c’è tra uno studio associato e uno studio d’infortunistica stradale? Scoprilo assieme a me: io sono Salvatore Anfuso, e di mestiere faccio il patrocinatore stragiudiziale.

 

 

Chi paga le spese stragiudiziali per il sinistro stradale?

Nella gestione della pratica di risarcimento danno da sinistro stradale bisogna distinguere per prima cosa tra la fase stragiudiziale e quella processuale. La prima è una negoziazione bonaria tra il danneggiato (o chi in sua vece) e la Compagnia assicurativa soccombente; la seconda prosegue il litigio in tribunale se la negoziazione preliminare fallisce. 

Oltre a essere preferibile a una lunga ed estenuante lotta giudiziale, la fase stragiudiziale è obbligatoria per legge e non può essere in alcun modo aggirata. In questa fase la Compagnia ha l’obbligo di proporre al danneggiato entro 60 gg. dalla richiesta un’offerta per il suo risarcimento. Questa tempistica scende a 30 gg. in caso di CID doppia firma e sale a 90 gg. nel caso in cui siano coinvolti dei feriti. Se entro tale periodo la Compagnia non propone alcuna offerta né motiva l’impossibilità di farne una, l’IVASS le infliggerà una sanzione amministrativa che può arrivare fino a 60.000 €.

Detto questo, di norma nella gestione stragiudiziale della pratica di risarcimento è la Compagnia assicuratrice soccombente – ovvero l’assicurazione del responsabile civile in caso di procedura ordinaria o la propria in caso di indennizzo diretto  a pagare le spese legali. Tale parcella viene determinata in percentuale rispetto all’intero importo, e ciò rappresenta per il cliente la migliore garanzia che il legale si spenderà con impegno per fargli ottenere tutto ciò che gli spetta. Queste spese la Compagnia le può pagare direttamente all’avvocato oppure omnia nell’assegno di risarcimento. Nel primo caso vengono di fatto emessi due pagamenti: uno per il risarcimento e uno per liquidare le spese legali; nel secondo, il riconoscimento pecuniario della parcella dell’avvocato verrà inserito all’interno di un unico assegno destinato al cliente. Sarà poi quest’ultimo a provvedere a rifondere il professionista della sua parcella.

Di fatto quando l’assicurazione presenta la propria offerta all’automobilista fa un’offerta “omnia”, ossia onnicomprensiva delle spese affrontate per la gestione della pratica, comprensiva quindi dell’onorario dell’avvocato e dell’eventuale compenso del medico legale che ha redatto la perizia sui danni fisici se ci sono stati dei feriti. L’assicurato, se accetta l’offerta, viene così indennizzato di tutte le spese sostenute o che ancora deve sostenere. Il legale tuttavia ha la facoltà di accordarsi con l’assicurazione per l’emissione di due bonifici distinti e separati: il primo al danneggiato (l’indennizzo vero e proprio); il secondo direttamente all’avvocato (il pagamento della parcella). In tale ipotesi, se le parti non hanno concordato ulteriori compensi il legale non potrà pretendere altre somme dall’assistito.

Attenzione: tutto questo vale solo nel caso in cui nella fase stragiudiziale si raggiunga un accordo sul risarcimento. Se invece le parti non si mettono d’accordo, il compenso del legale dovrà essere versato direttamente dal cliente. La differenza tra uno studio associato e uno studio d’infortunistica stradale consiste nel fatto che (normalmente) lo studio di infortunistica non chiede alcun compenso al cliente per la fase stragiudiziale se non riesce a fargli ottenere il suo giusto risarcimento. È verosimile tuttavia, che in una tale ipotesi il danneggiato conferisca mandato all’avvocato di proseguire in giudizio la vertenza con la Compagnia assicurativa, sommando quindi le spese stragiudiziali a quelle processuali. In tal caso, oltre alle spese vive, l’avvocato sarà tenuto a chiedere al cliente di anticipargli tutta o parte della parcella.

 

Si può cedere all’avvocato il credito assicurativo?

Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione (ord. n. 29834/18), la norma ex art. 1261 cc stabilisce la nullità di ogni patto con cui il cliente cede al proprio avvocato, incaricato di fare causa all’assicurazione, il credito che vanterà nei confronti della Compagnia. Secondo i giudici non importa che l’accordo di cessione tra cliente e avvocato sia preliminare all’avvio della causa, ovvero quando è stato conferito il mandato – in via stragiudiziale – al recupero del credito nei confronti della compagnia. È invece sempre consentita la cessione del credito all’officina incaricata di riparare il mezzo. E questo perché il meccanico/carrozziere non è compreso tra i soggetti a cui il codice civile vieta la cessione del credito. 

Dal momento della richiesta di risarcimento – che va inviata nel più breve tempo possibile con una raccomandata a/r – l’automobilista vanta un credito nei confronti della compagnia. Questo diritto di credito può essere “ceduto” a terzi. Così, accordandosi con il carrozziere, il danneggiato può farsi riparare la macchina in forma gratuita e senza aspettare i lunghi tempi di risarcimento; in cambio gli cede il credito verso l’assicurazione. In questo caso il riparatore subentra in tutti i diritti dell’automobilista nei confronti dell’assicurazione e potrà anche fare causa a quest’ultima se non dovesse ricevere il pagamento.

 

Le spese legali vengono sempre rimborsate dall’Assicurazione?

Vorrei rispondere di , e il più delle volte è vero, ma purtroppo la norma che regola il rimborso delle spese legali nella fase stragiudiziale da parte della Compagnia assicuratrice soccombente è un po’ ambigua, e qualche volta viene interpretata da quest’ultima in modo da negare tale spesa, che dovrà quindi venire saldata dal cliente. Mi riferisco all’ex art. 9 del d.P.R. 254/2006 e della successiva sentenza di Cassazione (ord. n. 11154/2015) che lo neutralizza ma solo in parte.

Nella pratica l’art. 9 obbliga le Compagnie assicuratrici ad assistere il cliente nella fase di risarcimento. È una buona normativa, motivata dalla volontà da parte del legislatore di garantire la parte debole, ovvero l’assicurato. Tuttavia negli anni questa norma è stata interpretata di modo che, se l’assicurazione ha l’obbligo di assistere l’assicurato, allora non devono venire riconosciuti altri oneri per la consulenza tecnica esterna. La Corte di Cassazione ha riconosciuto l’illegittimità di tale normativa poiché si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, ma al suo posto ha inserito una discriminante imponderabile: quella dell’utilità.

Tutto ciò sta a significare, in termini pratici, che il rimborso delle spese legali nella fase stragiudiziale – che ricordiamo essere obbligatoria per legge – è riconosciuto solo nel caso in cui l’intervento di un consulente esterno si sia rivelato “necessario e giustificato”. Poiché è difficile, se non impossibile, stabilire in termini assoluti se una cosa sia “necessaria e giustificata” – ciò che è necessario e giustificato per me può non esserlo per te, e viceversa – ecco che l’interpretazione di tale norma pone sempre in dubbio il risarcimento della parcella dell’avvocato.

Un’altra differenza tra uno studio associato e uno studio di infortunistica stradale è che (di norma) quest’ultima non è tenuta a chiedere al proprio cliente di pagargli la parcella se questa non è stata rimborsata dall’assicurazione. Uno studio associato invece, per deontologia professionale è sempre costretto a farsi pagare l’onorario, addirittura chiedendo un anticipo sulla parcella. E ciò anche se fallisce il negoziato per concordare una congrua offerta per il danno subito dal suo cliente. Rivolgersi a uno studio d’infortunistica stradale nella fase stragiudiziale dunque è sempre una buona idea.

 

Forse non tutti sanno che in determinate circostanze l’assicurazione non è tenuta a pagare i danni da sinistro stradale, uno di questi riguarda proprio gli incidenti tra parenti. Ma vediamo più in dettaglio in quali casi l’assicurazione non è tenuta a risarcire il danno e quali invece la richiesta di risarcimento è legittima.

 

 

Sinistro tra parenti: l’assicurazione è tenuta a pagare?

 

   Cominciamo subito col dire che per evitare facili frodi assicurative consumate all’interno dell’ambito familiare – tra familiari è infatti più facile mettersi d’accordo che tra estranei – la giurisprudenza italiana stabilisce che i danni avvenuti a seguito di sinistro stradale tra familiari fino al terzo grado di parentela non devono essere risarciti dall’assicurazione, anche nel caso cin cui i coinvolti si siano messi d’accordo sulle rispettive responsabilità. La firma del modulo di constatazione amichevole CAI infatti non cambia la situazione.

A stabilirlo è l’ex art. 129 del Codice delle Assicurazioni Private, comma 2 lettera b, il quale riporta che:

non sono considerati terzi e non hanno diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria, limitatamente ai danni alle cose, il coniuge non legalmente separato, il convivente more uxorio, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi del conducente responsabile; nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado, qualora convivano con l’assicurato o siano a suo carico in quanto costui provvede abitualmente al loro mantenimento.”

Quindi sono sempre esclusi dal risarcimento dei danni materiali:

  • il coniuge (moglie/marito), purché non legalmente separato, e i suoceri;
  • il convivente stabile;
  • gli ascendenti (genitori, nonni e bisnonni);
  • i discendenti (figli e nipoti, intesi come figli dei figli);

 

Sono inoltre esclusi anche:

  • fratelli, nipoti (ossia i figli dei fratelli), generi, nuore, cognati e altre tipologie di nipoti;

ma solo se convivono con il responsabile del sinistro o sono a suo carico.

 

In quali casi invece l’assicurazione è comunque tenuta a risarcire?

 

Quante volte vi sarà capitato di fare retromarcia nel vialetto di casa e di urtare accidentalmente l’auto di vostra moglie, di vostro marito, dei vostri genitori o dei vostri fratelli, figli e nipoti? Probabilmente mai o quasi, ma nel caso in cui dovesse avvenire sappiate che per la giurisprudenza italiana i sinistri avvenuti tra familiari fino al terzo grado di parentela non sono considerati incidenti normali. Infatti in questi casi perché si dovrebbe compilare un CID e far salire il premio assicurativo del responsabile? Ha più buon senso mettersi d’accordo pacificamente provvedendo personalmente a rifondere il danno.

Tuttavia ci sono casi e circostanze in cui la richiesta di risarcimento è legittima. Infatti se si è costretti a pagare un premio assicurativo obbligatorio per essere sempre garantiti contro danni da terzi a seguito di sinistro stradale, è anche giusto aspettarsi che al momento opportuno la Compagnia assicuratrice che incassa il premio rifondi i danni subiti dal veicolo. Se un banale tamponamento tra padre e figlio non obbliga le rispettive assicurazioni a rifondere il danno, i danni causati tra parenti non conviventi e non “a carico” o tra coniugi regolarmente separati devono invece venire risarciti. Ad esempio, se il sinistro coinvolge le auto di due cugini o avvenga tra zia e nipote non “a carico” o a essere danneggiata è l’auto del cognato o del genero non convivente, la Compagnia assicuratrice è tenuta a risarcire i danni materiali del danneggiato come di consueto.

 

I danni fisici vengono sempre risarciti?

 

Quanto detto finora riguarda solo e unicamente i danni materiali, ovvero quelli riportati dai veicoli e dalle cose trasportate. Per le eventuali lesioni fisiche subite dai danneggiati invece, l’assicurazione è sempre tenuta a risarcirli anche nei casi di parentela stretta o di convivenza. Se infatti l’auto intestata alla moglie ma guidata dal marito dovesse uscire di strada per colpa del conducente, la Compagnia assicuratrice è tenuta a risarcire i danni fisici subiti dalla donna in quanto terza trasportata. I quali dovranno essere richiesti alla compagnia del vettore che ha causato il danno, ovvero in questo esempio la stessa compagnia che assicura la vettura della moglie.